E' uscito in questi giorni un interessante volume che racconta, in modo organico, le vicende avvenute sul confine orientale d'Italia, nella Venezia Giulia, dal 1945 ad oggi.
L'occupazione delle province di Pola, Fiume, Zara, Gorizia e Trieste, da parte delle truppe partigiane di Tito e le conseguenti vessazioni causate alle inermi popolazioni civili, colpevoli spesso solo di essere italiane, vengono raccontate in modo da far comprendere al lettore il clima che si creò in quelle terre dopo il maggio del 1945 e che portò, in pochi anni, all'esodo della stragrande maggioranza degli abitanti della regione.
Il libro, pubblicato da Mursia Editore con il titolo “Fratelli d'Istria. – 1945-2000- Italiani divisi”, è stato scritto dal prof. Guido Rumici, docente di Economia aziendale e ricercatore di Storia, già noto per le altre sue pubblicazioni inerenti alla tematica in oggetto.
Per troppo tempo, secondo l'autore, “la storia di questi avvenimenti è stata relegata in una posizione abbastanza marginale sia dagli organi di informazione che dal mondo della cultura, soprattutto per ragioni di ordine politico” provocando “le giuste lamentele da parte del variegato panorama degli esuli giuliano-dalmati che si sono sentiti spesso incompresi ed abbandonati dalle istituzioni e dall'opinione pubblica, con il risultato che la storia stessa dell'esodo è rimasta sempre più confinata nella ristretta cerchia degli interessati e dei loro conoscenti.”
Il volume viene a colmare una lacuna nella conoscenza delle vicende delle terre perdute dall'Italia dopo il secondo conflitto mondiale e va dato merito all'editore Mursia di aver continuato nell'opera di divulgazione della storia giuliano-dalmata dopo aver dato alle stampe, nel 1993, il meritorio libro del prof. Gaetano La Perna “Pola-Istria-Fiume 1943-1845. La lenta agonia di un lembo d'Italia”.
Il libro di Guido Rumici può essere visto come la continuazione ed il completamento del volume del prof. La Perna, in quanto descrive analiticamente cosa successe dopo il primo maggio del 1945 in Istria e a Fiume e di quali furono i motivi che provocarono l'esodo di circa 350.000 persone su una popolazione di circa 500.000 abitanti.
Scrive l'autore: “Molteplici ne furono le cause: il passaggio ad un regime di stampo comunista comportava infatti tante e tali differenze nel modo di vita sul piano economico, politico, sociale, amministrativo, religioso e culturale, che moltissime persone preferirono perdere tutto ciò che possedevano pur di fuggire da una realtà percepita come ostile e pericolosa”.
“Lo sconvolgimento totale delle abitudini, dei valori consolidati, delle tradizioni, la criminalizzazione della vita religiosa, l'azzeramento delle consuetudini sociali ed un senso di completa estraneità alla nuova e complessa realtà furono fattori decisivi che influenzarono pesantemente la decisione di partire.”
Dopo aver descritto l'esodo sia dal punto di vista delle sofferenze di quelli che lasciarono le proprie case, sia dal punto di vista numerico e statistico, l'autore si sofferma poi a fondo sul problema di coloro che fecero invece la scelta opposta e decisero di rimanere ad abitare sotto il regime del Maresciallo Tito.
E' questa la parte del libro che risulta essere innovativa poiché finora poco si era scritto in Italia su coloro che erano rimasti oltre confine e che, nel volgere di pochi anni, divennero un'esigua minoranza, in un clima di crescente assimilazione.
Molto si è dibattuto in questi anni all'interno delle Associazioni degli esuli su quale atteggiamento assumere nei confronti dei “rimasti” e spesso vi sono state delle spaccature anche dolorose tra coloro che non volevano assolutamente avere rapporti oltre confine e coloro che invece ritenevano utili tali rapporti.
Il libro di Guido Rumici risulta essere, a tale proposito, un utile strumento proprio perché descrive fatti e numeri da un punto di vista oggettivo, senza mai dare spazio a valutazioni di tipo personale, lasciando perciò al lettore l'opportunità di farsi un'idea autonoma sull'argomento.
I capitoli più interessanti per capire la storia di coloro che rimasero in Istria e a Fiume sono senz'altro quello dedicato al problema delle Scuole Italiane, alla difesa di quel poco che restava della lingua italiana in loco, alla caduta del comunismo ed alla nascita dei nuovi Stati dopo la dissoluzione della ex Jugoslavia, nonché, infine, all'attualità ed alle relative prospettive future di coloro che ancor oggi si dichiarano Italiani.
Degne di nota sono pure le appendici al volume, la prima che contiene una ricca cronologia di tutti gli eventi principali avvenuti in Istria dal 1943 ad oggi, la seconda relativa ad una serie di testimonianze di persone che, pur rimanendo, ebbero a subire vessazioni di tutti i tipi dal regime jugoslavo solo perché Italiani. Notevoli i racconti di un rovignese che venne imprigionato e portato nel famigerato lager titino di Goli Otok e, pure interessante, il racconto di un giovane insegnante di Buie (oggi trentenne) che, all'età di sei anni, venne dichiarato malato di mente per impedirgli di frequentare la Scuola Italiana del proprio paese. Di rilievo pure le testimonianze di altri due giovani che raccontano le loro esperienze attuali e di cosa, ancor oggi, significa dichiararsi di nazionalità italiana, anche dopo tanti anni dalla fine del secondo conflitto mondiale.
“Fratelli d'Istria” è quindi un volume che contribuisce alla conoscenza delle nostre Terre non solo da un punto di vista storico, ma pure con riferimento all'attualità del problema, favorendo la divulgazione di una tematica spesso purtroppo ignorata al di fuori dell'ambito giuliano-dalmata.
G. Bugatto